"Per riflettere sulla vera “questione di giustizia” rappresentata dalla tassazione, vale la pena tornare ad un’utile parabola di Herbert Spencer, ripresa da Robert Nozick in un passo molto famoso.
Immaginiamo le nove scene di questa storia:
(1) C’è uno schiavo, completamente alla mercé dei voleri del suo padrone. Viene spesso maltrattato, fatto lavorare agli orari più improbabile, malnutrito.
(2) Il padrone diventa un po’ più gentile e picchia lo schiavo soltanto quando non rispetta ripetutamente le sue istruzioni. Comincia a concedergli un po’ di tempo libero.
(3) Il padrone comincia ad avere non uno ma un gruppo di schiavi, e comincia a dividere un minimo di cose fra di loro, tenendo conto dei loro bisogni e prendendo atto dei loro meriti e della loro fatica.
(4) Il padrone consente ai suoi schiavi di lavorare quattro giorni per sé, e chiede loro di faticare sui suoi possedimenti solo per tre giorni a settimana. Il resto del tempo è tutto loro.
(5) Il padrone concede ai suoi schiavi di lasciare la sua casa e di andare a lavorare dove desiderino, per ottenere un salario. Chiede loro soltanto che gli rendano 3/7 dei loro guadagni. Mantiene inoltre il potere di richiamarli alla piantagione per delle emergenze, di proibire loro attività che possano mettere in pericolo il suo ritorno finanziario sul capitale investito (non possono fare fumare, consumare droghe, bere stando alla guida, andare in moto senza casco), e di aumentare o diminuire la quota di reddito che gli preleva.
(6) Il padrone consente a 10.000 suoi schiavi, cioè tutti eccetto te, di votare, e loro possono decidere assieme qual è la porzione di reddito (loro e tuo) alla quale rinunciare, e che uso ne viene fatto.
(7) Nonostante tu non abbia ancora il diritto di voto, hai il diritto di discutere con gli altri 10.000, per persuaderli circa l’uso migliore che sia possibile fare delle risorse “comuni”.
(8) Avendo apprezzato il tuo utile contributo, i 10.000 ti consentono di votare quando vi sia un pareggio nelle votazione.
(9) I 10.000 accettano che tu voti con loro. Quando vi sarà una situazione di parità fra gli altri votanti, il tuo voto sarà decisivo. Altrimenti, no.
Quando, nelle nove scene, questa ha smesso di essere la storia di uno schiavo?
Dal punto di vista della libertà personale, della libertà fondamentale di disporre dei frutti del proprio lavoro, non c’è differenza fra la scena cinque e le successive. Comunque lo schiavo può disporre soltanto di 4/7 del suo reddito. C’è un filo rosso che lega la tassazione al lavoro forzato: il padrone prende comunque per sé i frutti della fatica del servo, la differenza è nelle proporzioni. All’inizio, il padrone è il monopolista del tempo dello schiavo. Alla fine, limita le proprie pretese. Si potrebbe persino sostenere che è una strategia oculata, perché verosimilmente chi lavora anche per sé lo fa con maggior entusiasmo di chi lavori esclusivamente per altri, e dunque risulta più produttivo. E’ la “curva di Laffer” dello schiavismo.
Ma la questione vera sta nella domanda: dove finisce la schiavitù e dove comincia la libertà. Alla nona stazione, grazie al diritto di voto? Alla quarta, perché essere servo tre giorni a settimana vuol dire essere libero per quattro?"
Alberto Mingardi
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