perchè WINE PARTY...?!

mercoledì 24 agosto 2011

Qualcuno QUI dà i numeri


Quando un politico, un amministratore, il portavoce di un ente di grande rilevanza pubblica si deve rivolgere alla vasta platea potenziale dei propri “azionisti di riferimento” (gli elettori, gli amministrati, gli utenti di un servizio) per vantare ciò che ha fatto o, viceversa, per discolparsi di ciò che non avrebbe fatto – secondo i suoi avversari –, è facile che prima o poi ricorra alla mai troppo abusata retorica dei numeri. Questa millenaria arma può però mostrarsi a doppio taglio.

Al 31/12/2010 in Sicilia:
- 13.528 Lavoratori a tempo indeterminato
- 7.114 esterni, a tempo determinato
_______________________________
tot. 20.642

Se ad essi si sommano gli LSU, gli ex PIP, i Lavoratori a Progetto, i Forestali ed i dipendenti delle ASL, si arriva a quota 144.142, ovvero 1 dipendente regionale ogni 239 abitanti.

Parola di "Onorevole"

La "Res Publica" SICILIA grava sulle tasche del cittadino per 171 milioni di Euro l'anno, un quarto della somma per stipendi ed indennità degli Onorevoli, tra cui figura anche un'indennità forfettaria che varia dai millecinquecento ai settemila euro mensili per spese viaggi a titolo di "aggiornamento politico e culturale"e riservata agli ex deputati regionali, che viene concesso soltanto a quelli non hanno diritto alla pensione, una specie di "sussidio di sussistenza"riservato ad ex presidenti di commissione antimafia, segretari nazionali di partiti, segretari regionali di partito, di maggioranza e di opposizione, senza alcun obbligo di nota spese.

La paura fa "90" verrebbe da dire!!!

E' proprio così!-------- NOVANTA, come il numero dei deputati regionali. Un numero pesante se confrontato all'attività, di certo non massacrante, prodotta a giustificazione di un simile investimento. Nel 2010 la Regione Sicilia ha approvato solo 23 leggi. Nel 2009 aveva addirittura quasi doppiato il record negativo, con sole 12 leggi all'attivo. Se si considera lo stipendio netto di ogni "onorevole", pari a 18.000 euro netti al mese___ escluse ovviamente le indennità che fioriscono per incarichi di presidenti, vicepresidenti, questori, segretari e quant'altro___ queste cifre, assai deludenti, lasciano l'amaro in bocca.

Se pensavate che fare la cresta sulla spesa fosse prerogativa di qualche casalinga disperata vi sbagliavate di grosso. Gli onorevoli, anzichè sui pomodori, fanno la cresta sul carburante. Il libro carburante ha messo inevitabilmente il dito nella piaga; a fronte di un milione di Euro di spesa carburante infatti, come esempio, venivano percorsi 100.000 Km; per l'esattezza, dai conteggi effettuati, su lodevole iniziativa del Presidente del Parlamento siciliano, On.Cascio, è saltata fuori una proporzione scandalosa: 300 metri/litro. Che dire? Solo nel 2010 i "tagli" al carburante hanno consentito un risparmio di 400.000 Euro


Nella terra dei paradossi, che nutre un dipendente regionale ogni 239 abitanti, che conta 3000 dirigenze di contro alla regione Lombardia, che ne stima solo 112, a fronte del doppio della popolazione, chissà se, in preda ad una auspicata crisi di coscienza, qualche deputato si trasformi nel Vitangelo Moscarda pirandelliano ed impazzisca.......

Al momento l'unico PAZZO pare sia l'On. Cascio, Presidente del Parlamento isolano, così almeno lo hanno indicato i benpensanti e rispettabili colleghi, eletti dal popolo siciliano, di fronte alla proposta di ridurre il numero dei deputati di sole 10 unità.

Concludiamo questo breve viaggio dell'horror con una citazione che non poteva mancare, ovvero la replica all'On.Cascio, da parte dei colleghi "eletti"


"..perchè non rinuncia allo stipendio LUI, al posto di rompere il cazzo a noi!??"- Parola di Onorevole

sabato 20 agosto 2011

Proposte SENZA SENSO contro il SUD!

Si vuole qui parlare del Sud, del Sud per l’ennesima volta dimenticato come priorità di crescita nazionale.  Ma c’è una premessa obbligatoria . Purtroppo, la disastrosa giornata di ieri sui mercati europei e americani dimostra l’esatto opposto di quanto ripetono i politici. A loro giudizio è la globalizzazione a essere colpevole, e occorre mettere la mordacchia ai mercati. Di fatto, è vero l’opposto. Semplicemente, i politici dei Paesi avanzati mostrano mese dopo mese di non avere la minima idea delle conseguenze di ciò che dicono in un’economia globalizzata, e di ciò che non fanno. E i mercati reagiscono nell’unico modo in cui chi non capisce e e chi non è d’accordo sanziona chi tenta di metterti sotto: lo puniscono duramente.
Verrebbe da dire che c’è un mezzo gaudio, nel constatare che mentre la Borsa di Milano perde il 6,6% con le banche nuovamente a picco, anche Francoforte e Parigi perdono il 5%, anche Londra e Wall Street perdono oltre il 4%. In realtà, c’è da aver semplicemente paura. Perché o la politica cambia marcia, a Washington, a Berlino e a Parigi, oppure diventerà presto drammaticamente vero ciò che ieri per la prima volta ha previsto Morgan Stanley, e cioè che il mondo avanzato a 3 anni di distanza dal crac Lehman Brothers si avvia a riprecipitare nella recessione.
Se la politica dei Paesi avanzati crede di andare avanti con debiti pubblici esplosi, dovrebbe rassicurare i mercati della loro sostenibilità attraverso credibili piani di rientro, commisurati a far crescere anche chi è in difficoltà, e con misure e riforme finanziarie condivise tra America e Stati Uniti. Se invece Sarkozy e la Merkel propongono una tassa sulle transazioni finanziarie, e Obama reagisce al downgrading del debito americano facendo aprire inchieste alla Sec contro le banche europee che si finanziano in America, l’unica cosa che i mercati capiscono è che i politici hanno perso la trebisonda. E allora i mercati crollano. Perché l’America dovrebbe cambiare tono e tagliare il proprio eccesso di spesa pubblica senza più credere che il dollaro come valuta mondiale la renda intoccabile. Al contempo, la Merkel dovrebbe capire che la linea sin qui seguita di far andare in deflazione i Paesi eurodeboli è partita da premesse e meriti giusti e condivisibili, ma è stata condotta in una maniera sbagliata, perché anche la Germania si sta piantando. Sarkozy dovrebbe capire che le tasse contro la finanza, in un momento di politica priva di credibilità, mandano solo le banche e il risparmio a tappeto.
Ma non è finita qui. E vengo al Mezzogiorno. Ieri, mi sono letteralmente indignato. Non c’è solo l’irrealistica Tobin Tax contro i mercati proposta da Parigi e Berlino, ad aver provocato il collasso dei mercati. La picchiata è avvenuta anche per un’altra proposta franco-tedesca, ancor più demenziale a mio giudizio. E’ stata la Süddeutsche Zeitung l’altro ieri a rivelarla. Preferivo pensare fosse una bufala, ma le cancellerie dei due Paesi euroleader non l’hanno smentita. Di conseguenza, i mercati sono esplosi.
Di che cosa si tratta? Di diminuire o sospendere i fondi strutturali europei ai Paesi che non siano virtuosi sul bilancio. Io da anni scrivo, propongo e mi batto perché in Costituzione approviamo anche in Italia una misura del tutto analoga a quella prevista nella Legge Fondamentale germanica, e cioè l’azzeramento del deficit pubblico. E aggiungo che vorrei un tetto al prelievo fiscale su persone e famiglie votato ogni anno dal Parlamento, come in Germania. Dunque non sono sospettabile di comprensione alla scarsa virtù. Ma sospendere i fondi strutturali a chi è in difficoltà è una cretinata in termini economici da lasciare senza fiato. Persino per chi, come me, critica sempre l’euroillusione di aver adottato una moneta unica in mercati che restano separati e con curve di costo diverse. Perché i fondi strutturali, coevi all’idea stessa di Unione Europea, nascono e si sono nel tempo evoluti per sostenere lo sforzo di convergenza a favore di chi aveva ereditato economie meno avanzate ed efficienti, ponendo come obiettivo la media europea dei redditi delle popolazioni come criterio per dosarli a favore di chi ne era più distante. La politica economica è fatta – almeno per chi ne ha una minima idea – proprio di misure che distinguono le correzioni anche energiche di breve termine dalla necessità di sostenere la convergenza verso l’alto a medio e lungo termine. Minacciare il venire meno dei fondi significa dire che l’Unione europea non c’è più, perché le popolazioni che si trovano a pagare il maggior costo del loro mancato sviluppo vengono private anche della possibilità di realizzarlo, sia pure in ritardo e a costo di sacrifici, grazie al sostegno europeo. E non perché a Berlino e Parigi siano tenuti alla carità cristiana. Ma perché sini qui almeno a parole è interesse comune dell’Europa che tutti producano, consumino, guadagnino e risparmino di più.
Per questo avrei voluto ieri che uno statista italiani, sentiti i governi di tutti i Paesi europei alle prese con difficoltà di ordine diverso, dalla Grecia alla Spagna, dal Portogallo all’Irlanda e via continuando, dichiarasse immediatamente che questa proposta franco-tedesca sbagliata e assolutamente da ritirare. Non perché sarebbe solo il Mezzogiono italiano, a essere colpito in maniera sanguinosa nelle sue possibilità di riscatto dalla ghigliottina ai fondi destinatigli per il sessennio 2014-2020, di cui l’anno prossimo si discuterà a Bruxelles e nei Consigli europei. Ma perché l’idea stessa di Europa, verrebbe meno.
Purtroppo, il governo italiano ieri non ha levato la sua voce. E’ un errore grave. Non è così, che si riacquista credibilità per le decine e decine di miliardi di euro che ancora non abbiamo speso, per incapacità delle macchine amministrative regionali e centrali, dei fondi assegnatici negli anni 207-2013. Non è così, che si ridiventa virtuosi agli occhi degli altri governi e dei mercati. Anzi, non averlo fatto spiega perché il Sud e la sua crescita – questione nazionale perché senza ripresa e occupazione giovanile e femminile al Sud non c’è ripresa del Paese – mancano clamorosamente di essere presenti come priorità nella manovra bis appena varata dal governo. Su chi si abbatterebbe la scure degli accorpamenti di Comuni piccoli, se non al Sud per la diversa storia locale che ha portato a unità amministrative più piccole e col tempo più spopolate? Dove si concentrano, il più delle società partecipate e controllate dalle Autonomie locali da dismettere per ragioni di efficienza, se non nel Mezzogiorno? Molti di voi diranno: colpa del Sud, e anzi finalmente si inizia ad affondare il coltello. E’ vero a metà: se non si adottano al contempoincentivi perché il Sud  possaacrescere occupazione e sviluppo,  Usemplicemente si compiace l’idea dei politici locali che esso abbia più bisogno di assistenzialismo.
Umberto Bossi l’ha detto e ripetuto, in questi giorni. Se il governo non mette mano a una correzione dei tetti di età pensionabile per anzianità e vecchiaia, è per continuare a far andare prima in pensione i lavoratori del Nord, entrati nel mercato del lavoro molto prima di quelli meridionali, che comunque ci riescono in percentuali molto più basse. Terremo duro e comunque se l’Italia andrà in pezzi meglio per noi, ha aggiunto Bossi, che non parlava così da anni. Sia detto senza offesa per nessuno, ma è lo stesso ragionamento che su più vasta scala e con ben altri titoli sta facendola Merkel a nome della Germania “forte”. Apparentemente sembrano ragioni forti. Invece, bisogna avere fegato e intelligenza per dire la verità: sono fesserie. Perché più divisi siamo, più divisi in Europa come più divisi in Italia, più deboli siamo tutti nel mondo della crescita e del risparmio a guida cinese e indiana.
Alcuni di noi – lo so bene – sono in realtà convinti da sempe che meglio divisi che uniti nell’errore.: tanto tra Nord e Sud d’Europa, che tra Nord e Sud d’Italia.  Ma la cosa stupefacente è che a dare una mano potente a questa divisione siano politici che dicono, in Europa come a Roma, di volere l’esatto opposto.