perchè WINE PARTY...?!

martedì 30 novembre 2010

Non alimentiamo lo spreco!


"Se essere un bravo imprenditore non è una condizione sufficiente per fare del buon vino, non si capisce perchè essere un cattivo imprenditore dovrebbe essere una condizione necessaria."


Con buona pace di chi ne coltiva una visione un po' troppo romantica, il vino è uno straordinario tentativo di dare un senso alla vita _ ma è anche Politica.


Lo si capisce bene pensando all'attuale crisi dell'astigiano, terra d'elezione della Barbera, per cui il Ministro Galan ha concesso la distillazione di crisi per eliminare le scorte: le uve in eccedenza potranno così divenatre alcool.


La crisi economica ha colpito ancora: la domanda si è rattrappita, le esportazioni hanno lievemente ripreso slancio nel primo semestre 2010 (grazie in particolar modo al mercato americano ed al cambio favorevole ai nostri vini), le previsioni sono di nuovo incerte per fine anno. C'è poco da stupirsi: l'Italia ha meravigliosi produttori, ma la competizione globale è sempre più vasta, con interi territori che si sono aperti al culto di Bacco nel corso degli ultimi dieci/vent'anni, e che oggi riescono a realizzare produzioni d'eccellenza, pur mancandogli il blasone dei francesi. Parallelamente, la contrazione della domanda - anche questo è un copione già visto - colpisce soprattutto i produttori di fascia media e bassa. Sono le "cantine sociali sempre sull'orlo del fallimento" prese di mira da Angelo Gaja, in una lettera pubblicata da la Stampa, ripresa dal Corriere della Sera, ed accessibile su un sito benemerito e sempre puntuale, "i numeri del vino.it", curato da Marco Baccaglio.


Angelo Gaja è il più geniale imprenditore del vino che abbiamo in Italia, un innovatore autentico, che ha messo tanta qualità e tanta passione nel suo marchio, da farne il Ferragamo del vino piemontese. Il suo è un vino per cui conta nulla che sia "made in Italy": conta solo che sia "made in Gaja". Gaja ha una visibilità mondiale, ma conosce bene il mosaico di produttori locali che lavorano nelle colline piemontesi. La frammentazione del mercato è una caratteristica tipica dei Paesi europei; pensate che nel solo Bordeaux vi sono circa diecimila viticoltori, cioè due volte e mezzo il numero di imprese che fanno lo stesso lavoro negli Stati Uniti.


Sarebbe normale attendersi un forte consolidamento, che finora non si è visto, in parte per questioni di particolarismo e d'orgoglio, ma in parte per i sussidi a pioggia della politica agricola europea.


Nella sua lettera, Gaja spiega, con convinzione, che gli aiuti ai "piccoli" in crisi non sarebbero altro che un modo per devolvere denaro pubblico per "sostenere una causa persa". Le cantine sarebbero andate al traino della richiesta insensata di produrre, dal 2010, maggiore quantità, quando il mercato era già largamente inflazionato dalle eccedenze. L'indignazione per lo spreco di risorse statali, nota Gaja, è estemporaneo e sterile. Agli occasionali rimbrotti dei giornali, si oppone "un'armata, affamata e difficile da contrastare, di succhiatori organizzati di denaro pubblico".


La situazione attuale, oltre che alla frenata dell'economia, è debitrice ad una ristrutturazione della pac, fortemente voluta dall'ex Commissaria Mariann Fischel Boel. La politica agricola europea per anni si è mangiata metà del bilancio della Commissione. A fronte di numerose polemiche (per esempio gli effetti sui Paesi in via di sviluppo, in cui necessariamente il settore primario è magna pars dell'economia, della sovraproduzione sussidiata e delle esportazioni sottocosto), è stata recentemente più o meno messa sotto controllo.


Ce n'è ancora di strada da fare per smontare una macchina anacronistica come nessuna: ma qualcosa è stato fatto. In particolare si è usciti da una logica per cui il 70% dei sussidi ai produttori venivano destinati alla distruzione delle eccedenze, e si è, almeno in parte, liberalizzato il mercato (per quanto ancora in modo insufficiente), dando più flessibilità nella produzione e nel marketing del vino.


Apriti cielo! Queste norme - di per sè piuttosto timide - sono state accolte come un imprevisto anticipo del giorno del giudizio, biasimate pubblicamente dalle scimmie dattilografe più enologicamente forbite, contrastate in nome del falso dio della "genuinità" del prodotto.


Le cose da fare sarebbero note. La qualità dei vini, in tutto il mondo, è migliorata in modo eclatante negli ultimi vent'anni. I produttori del nostro paese sono troppi, e troppo litigiosi per essere forti sui mercati esteri; la mitologia del buon vineron prevede che egli non faccia marketing (come se promuovere ciò che si produce fosse una cosa cattiva); servirebbero un consolidamento ed un'aggregazione dell'offerta. Servirebbe, insomma, capire che non si rinuncia al romanticismo della vite e del terroir se si fa' impresa davvero.


Se essere un bravo imprenditore non è una condizione sufficiente per fare del buon vino, non si capisce perchè, essere un cattivo imprenditore dovrebbe essere una condizione necessaria.


Finchè la produzione di vino continuerà ad essere condizionata da un intervento tanto massiccio dello Stato, continueremo ad avere un mercato biforcato: da una parte, le imprese, che già ora competono sui mercati internazionali, che sono costrette all'efficienza dalla concorrenza che c'è, sulle tavole del mondo, tra Barbera e Pinot noit o fra Barolo e Cabernet Sauvignon. Dall'altra i succhiatori di denaro pubblico, schierati in parata a difesa del proprio orticello, sotto la bandiera del "made in Italy".


Se il nuovo Ministro dell'Agricoltura vorrà fare qualcosa di liberale e sensato per il vino italiano, le occasioni non gli mancheranno.





Alberto Mingardi

giovedì 25 novembre 2010

Le carceri italiane? Come banche svizzere!



"IL RISVOLTO DELLA MEDAGLIA"










Movimentano milioni di euro al mese, aprono e chiudono centinaia di conti correnti al giorno: non stiamo parlando degli istituti bancari, ma delle nostre carceri, che custodiscono ed amministrano un vero e proprio tesoro, quello dei detenuti.

Si tratta di cifre impressionanti (circa 16 milioni e 800 mila euro all'anno per il solo carcere di Poggioreale) provenienti in buona parte dai versamenti mensili fatti ai detenuti dai familiari e gestiti dalla Polizia Penitenziaria. Fin qui nulla da dire, se non fosse che a ben vedere il cosiddetto "sopravvitto", ovvero le spese extra dei detenuti, è inferiore solo di qualche euro a questo fiume di soldi in entrata.

Osservando la situazione del solo carcere di Poggioreale, ciò vuol dire che i detenuti spendono mediamente circa 700 mila euro al mese in bistecche, mozzarelle, pesce pregiato, sigarette, ma anche profumi e qualche giornale.

Che fine fanno i piatti preparati dall'Amministrazione penitenziaria?

Beh, vengono snobbati. Non si tratta di cibo scadente o di razioni insufficienti, ed anche la qualità è accettabile, ma i detenuti si rifiutano talvolta perfino di assaggiarlo. Si calcola che su 10 carrelli distribuiti nelle celle, la metà ritornino indietro ancora carichi. I detenuti amano cucinarsi da soli e si rifiutano di assaggiare i pasti.


Conseguenza?

Due terzi del cibo preparato e pagato dallo Stato (attingendo dalle tasche del cittadino indirettamente attraverso il gettito fiscale) viene buttato nella spazzatura, senza neppure essere toccato.


Avete ben capito: i soldi dei cittadini onesti vengono buttati nella spazzatura ad opera dei delinquenti chiusi nelle carceri. Ogni detenuto infatti può spendere circa 130 euro a settimana; massimale che può addirittura essere alzato, dietro autorizzazione del magistrato o del direttore dell'istituto penitenziario.


"ED IO PAGO........!"..................To be continued

mercoledì 24 novembre 2010

Corte dei Conti........soccorrici TU!

Poche cose fanno arrabbiare il cittadino più dello spreco di denaro pubblico: un danno alle finanze pubbliche è un danno a tutti i cittadini, che, in mancanza di un'azione efficace della Corte dei Conti, saranno poi costretti a porvi rimedio di tasca propria, pagando più tasse.


La Corte dei Conti viene in soccorso dei cittadini, essendo un organo di rilevanza costituzionale autonomo da altri poteri dello Stato, chiamato a vigilare sulla corretta gestione delle risorse pubbliche, sull'efficacia, regolarità e sull'efficienza dell'azione amministrativa.







Come fare a difendersi? Basta denunciare, tramite segnalazione (che rimarrà nell'assoluto riserbo) ogni spreco di denaro, anche se il danno erariale, oppure il mancato guadagno, è di pochi euro. E' infatti sulle piccole cifre che si consumano gli scempi più gravi. Non bisogna pensare soltanto alle grandi opere mai completate, le "cattedrali nel deserto", di cui è piena la nostra penisola; esistono infatti svariati settori di spreco, che passano silenti, senza che il cittadino abbia cognizione del danno compiuto a suo carico.

Solo a voler citare qualche esempio:

  • il Comune, la Rai, un Consorzio di bonifica..etc...intimano il pagamento di un importo non dovuto o anche già pagato. IL DANNO? costi di spedizione della lettera, tempo impiegato per redigerla (impiegati utilizzati in modo non congruo), carta, inchiostro...il tutto moltiplicato per il numero di cittadini a cui è inviata la lettera "errata";

  • dopo aver fatto ricorso ad un verbale di contarvvenzione il Giudice di Pace ci da' ragione. IL DANNO? per il cittadino spreco del nostro tempo in tribunale; per la P.A. mancato guadagno (per l'importo non dovuto del verbale), costo del tempo lavorativo mal impiegato dagli agenti che hanno elevato il verbale, spese di difesa in tribunale. Riassumendo, volendo parlare di cifre concrete, una multa di 36 euro (non dovuta) può arrivare a costare al cittadino più di 100 euro.

Ciascuno ha il potere di ribellarsi; per farlo occorre semplicemente impiegare qualche ora del proprio tempo per spedire una raccomandata di segnalazione, che, lo ricordiamo, dev'essere inoltrata alla Procura Regionale della Corte dei Conti della regione in cui hanno avuto luogo i fatti denunciati. Sul sito http://www.aduc.it/ si trovano tutti gli indirizzi.



PAGARE SI', MA SOLO IL DOVUTO E SOLO UNA VOLTA!



martedì 23 novembre 2010

"Il mondo delle Pari Opportunità"

"....perchè la nostra sia una società, in cui



i nastri di partenza per la corsa della vita



siano gli stessi per tutti............."



La Sicilia che vogliamo, c'è
http://www.youtube.com/watch?v=d-mV_HHRRB4

lunedì 22 novembre 2010

I politici italiani all'estero:Mission a sfondo "esotico".....



Ministri, Sindaci, Assessori, Consiglieri Regionali, Presidenti di Comunità Montane......: tutti alla ricerca di un viaggio all'estero.


Viaggi che costano cifre vertiginose e che gravano sulle casse pubbliche, riportando spesso, come risultato, un nulla di fatto, se non addirittura una flessione, in controtendenza con la crescita economica del Paese.


Ogni anno l'Italia spende circa 100 milioni di euro per le "vacanze istituzionali" dei nostri uomini politici. Mete di lusso ambitissime, come Shanghai, l'ultima frontiera di queste missioni, ma anche Miami, New York ed in ultimo Dubai, non poteva mancare!


I costi sono vertiginosi. Si va' dai 267 mila euro, spesi nel 2009 dalla Giunta Regionale Piemontese, ai 2,8 milioni di euro di quella ligure, negli anni 2006/2007.


Recordman delle missioni all'estero è Roberto Formigoni, ma il primato negativo tra le regioni spetta a Campania, Lazio e Sicilia, proprio quelle coi Bilanci più in rosso.


Nessun tetto, nè di spesa, nè di gente extra da portare in viaggio. Loro vanno, spendono, permanenze di molti giorni e "no limits". Quando tornano non sono obbligati a dare conto dei risultati raggiunti. La Magistratura si è spesso occupata anche di un altro aspetto, quello dei "viaggi falsi", ed in diverse occasione ha pure pizzicato qualche politico in viaggio di piacere con la propria compagna.....


La Sicilia spende qualcosa come 450 mila euro all'anno per i viaggi dei propri rappresentanti politici: gemellaggi, spedizioni per promuovere l'esportazione di prodotti tipici locali, il turismo, convegni, partecipazioni di massa al Columbus Day.....Non manca nulla all'immaginario, ed ovviamente tutto in 1^ Classe, non si bada a spese "Paga il cittadino"



domenica 21 novembre 2010

Il Ponte ......ci sta stretto - Parola di contribuente!



Tra Scilla e Cariddi una rivisitazione della biblica sfida tra il piccolo Davide ed il gigante Golia.

Uno scontro impari tra gli instancabili attivisti del NO PONTE da una parte, ed i potenti fautori della sua realizzazione dall'altra. La lotta di classe sulla "madre delle grandi opere".


http://www.youtube.com/watch?v=XMjzJnQUM9M&feature=related

Un progetto da 65 milioni di euro, affidato dalla società "stretto di Messina" al general contractor Eurolink, la cui data di inizio lavori rimane ancora incerta, dovendo prima ricevere l'approvazione, non del tutto scontata, da parte del Cipe.


La questione mafiosa legata alla realizzazione del Ponte, la stessa che, già nel 1985, ha fatto scoppiare la seconda guerra di mafia, è ormai passata sottotraccia. Senza voler entrare nel merito dell'assunzione di tale senso di responsabilità da parte della politica che detiene il potere, appare però opportuno, alla vigilia della realizzazione di un'opera tanto imponente, aprire una riflessione sulla sua reale opportunità.

Dati alla mano ..............sul dissesto idrogeologico del territorio, e sulle carenti condizioni delle infrastrutture esistenti, indurrebbero a ritenere più urgenti altro tipo di opere, quali quelle per la messa in sicurezza delle strutture già esistenti, a tutela di chi vive in determinate aree di degrado urbano ed ambientale, senza dimenticare che prioritaria appare la realizzazione della direttrice autostradale Palermo-Messina (oggi si deve passare da Catania). Solo nel messinese sono stati già chiesti finanziamenti pubblici per 219 milioni di euro, una spesa insostenibile in una città priva di servizi sociali e spazi verdi pubblici.


Il Ponte non rappresentava certamente l'illusione, per i neolaureati dell'area dello Stretto, di trovare stabile occupazione, ma gli stessi non avrebbero potuto immaginare che, con l'avvio dei lavori (solo preliminari), sarebbero stati scippati dell'unica infrastruttura creata, in ambito locale, a sostegno di attività imprenditoriali giovanili innovative: Il Polo Universitario messinese, convertito nella sede dei "Nuovi Uffici Direzionali del Ponte"


A rendere più amaro il sapore della beffa, l'evidenza che nessuna delle società di costruzioni che compongono l'ATI per i lavori del Ponte ha sedi o filiali nell'area dello Stretto, anzi, qualcuna è addirittura straniera, e fanno tutte capo a gruppi azionari di vecchia rilevanza nazionale (famiglie Benetton, Ligresti, Gavio).


Infine, dal punto di vista etico e morale appare intollerabile che a seguire i lavori sia la "Parson Transportation Group", stessa società che, contemporaneamente, aveva realizzato per il regime di Saddam Hussein il ponte "14 luglio" sul Tigri ed una mega centrale elettrica, ed aveva, per conto USA, provveduto allo sminamento ed alla distruzione di armi ed alrecupero delle maggiori reti petrolifere e gasdotti iracheni.


L'Affaire sintetizza il corollario del Ponte sullo Stretto: operazioni basate sulla sottrazione di spazi pubblici, sulla negazione di vere prospettive occupazionali alle giovani generazioni, in nome degli interessi dei privati e dei contractor più attivi nei teatri di guerra internazionali.


I vantaggi?

Per una vettura il risparmio di tempo è all'incirca di 30/45 minuti (tenendo conto del pedaggio). La ferrovia è la maggiore beneficiaria, perchè guadagnerebbe un'ora di tempo. Dunque il turismo non ne trarrebbe grande vantaggio, come anche il traffico merci: il risparmio di tempo è troppo esiguo per rappresentare una contropartita sufficiente alla rilevante differenza di costo tra i due pedaggi (ponte e traghetto).. Il costo del pedaggio è infatti uno dei talloni d'Achille di questo grandioso progetto!


Costi e ricavi

Nonostante si dica da tempo che il costo per la realizzazione del Ponte sullo Stretto ammonterebbe a 6/7 mila miliardi, è da ritenere che esso riguardi il solo manufatto. Non vorremmo che succedesse quello che è già avvenuto in molti altri casi: il privato, l'amministrazione locale o chi altri realizzano il solo manufatto centrale, il Ponte (a spese del contribuente), lasciando alla collettività la cura di inserirlo nel contesto dell'intera struttura (vie d'accesso etc...). Come spesso accade, infatti, gli stanziamenti per il corollario non sono stati previsti, e così sono sorti degli scheletri fatiscenti, autentici sprechi , di cui l'Italia è piena, specie il Sud e la Sicilia.

Le previsioni di un costo globale di 12-15 mila miliardi sono tali che nessun privato accetterebbe di accollarsi la realizzazione: i tempi di ammortamento sarebbero troppo lunghi e pertanto non appetibili; nè si può pensare a tariffe troppo elevate, altrimenti ritornerebbe a prevalere l'utilizzo dei traghetti, molto meno cari, e che, tra le altre cose, va detto, rimarrebbero comunque in funzione, in alternativa all'utilizzo del Ponte.


Sul costo incide anche l'onere finanziario: si può calcolare in 700 e più miliardi l'anno il costo dei finanziamenti necessari, cioè 2 miliardi al giorno di interessi. Ad esso vanno aggiunti gli oneri per le manutenzioni, il personale, le imposte...Il tutto si traduce in un costo di 5-6 volte più oneroso di quello odierno giornaliero per l'attuale attraversamento dello Stretto. Considerato poi che nei giorni particolarmente ventosi, e per consentire la regolare manutenzione, il Ponte andrebbe chiuso per circa 60 gg. all'anno, ai costi prima citati, andrebbero sommati quelli per prevedere il mantenimento dei due sistemi (Ponte e Traghetti), con sensibili aggravi di costi.


IL BENE COMUNE ANCORA UNA VOLTA VIENE CALPESTATO, PER LASCIARE SPAZIO A CHI TRAE PROFITTI SENZA RISCHIARE NULLA




"Questo Bel Paese, pieno di poesia, ha tante pretese

ma nel nostro mondo occidentale è la periferia...

E' anche troppo chiaro agli occhi della gente che è tutto calcolato

e non funziona niente.

Sarà che gli italiani, per lunga tradizione,

sono troppo appassionati di ogni discussione.

Persino in Parlamento c'è un'aria incandescente

SI SCANNANO SU TUTTO E POI NON CAMBIA NIENTE" - Giorgio GABER

venerdì 19 novembre 2010

I concorsi inutili: 100 mila vincitori senza posto, 3 miliardi di euro annui sperperati per le Commissioni esaminatrici

In Italia oltre centomila persone hanno vinto un concorso e festeggiato un'assunzione mai arrivata. L'ultima Finanziaria ha bloccato fino al 2013 le assunzioni. La fabbrica delle illusioni continua però ad operare imperterrita.
Perchè? Quanto costa alla collettività questa macchina infernale? questo continuo promuovere concorsi che non creano alcuna occupazione?

Nel corso del 2010 sono stati banditi dalle amministrazioni pubbliche oltre 7 mila concorsi, con il Ministro Brunetta che addirittura stima in 300 mila gli esuberi nel comparto pubblico, e minaccia altri blocchi alle assunzioni.
Si calcola un giro d'affari pari a 3 miliardi di euro all'anno. Ma chi ci guadagna? Chi mette in tasca questo flusso di denaro pubblico speso inutilmente dalla P.A.?
In alcuni casi addirittura l'amministrazione da una parte stabilisce che un ente debba scomparire, e dall'altra approva un concorso per nuove assunzioni, che poi rimarranno solo sulla carta, avendo già stabilito di ridurre la pianta organica.

A fronte dei concorsi con vincitori non assunti, non mancano i casi di assunzioni, ed incarichi, affidati per compiti uguali a quelli messi a bando dalla P.A. Un esempio per tutti il concorso ai Beni Culturali della Regione Sicilia: 300 vincitori, in attesa di una raccomandata che li integri sul posto di lavoro; nel frattempo viene creata la "Beni Culturali SpA", società (formalmente privata), che ha assunto, per chiamata diretta, 700 persone. Altre volte accade, invece, che la stessa P.A. freni su alcuni concorsi ed accelleri su altri, magari perchè tra i vincitori ci sono parenti di politici e dirigenti dell'ente.
Intanto il cittadino sconta la pena di tale sperpero di denaro pubblico.
Basti pensare che l'Agenzia delle Entrate ha calcolato, per un concorso bandito recentemente, il costo di 1.500 euro per ognuno dei 500 posti messi a gara: totale 750 mila euro!
Soldoni spillati al cittadino ignaro, che servono a coprire i compensi per i commissari esaminatori.
Cifre vergognose.....si discute di compensi per singolo esaminatore pari a 7.500 euro per un solo concorso, un affronto commesso dalla P.A. verso quanti, a partire dagli insegnanti, dipendenti dello Stato, devono lavorare diversi mesi dell'anno per sommare una simile cifra.
L'Italia delle contraddizioni, della Vergogna!

Obiettivo "ZERO ENERGIA" nel 2021

Si calcola che in Italia quattro edifici su cinque siano inefficienti dal punto di vista energetico. Ben oltre 23 milioni di costruzioni, il cui recupero potrebbe costituire una spinta importante per l'economia italiana.

In tutta Europa si stima che ogni anno si buttano dalla finestra 270.000 miliardi di euro per inefficienze negli edifici (fonte: Eurisma). In Italia gli 11 miliardi di euro generati dalla detrazione del 55% (grazie alla quale in 4 anni sono stati recuperati 800.000 alloggi) hanno creato 55.000 posti di lavoro.


La domanda è: "Quanti posti di lavoro si potrebbero generare se questi 270.000 miliardi venissero riconvertiti in ristrutturazioni, anzichè bruciarli?"


Si consideri infatti che in base alla Direttiva UE 31/2010, a partire dal 2021 gli edifici privati dovranno essere ad energia quasi zero. Esiste tuttavia un deficit normativo, che consiste proprio nel dare eccessiva, se non esclusiva importanza, ai nuovi edifici, senza valutare sufficientemente le esigenze di rinnovamento degli edifici esistenti, che rappresentano il 40% dei consumi di energia in Europa.

mercoledì 17 novembre 2010

ITALIA in attesa di giudizio.....ed il cittadino PAGA!

La posizione occupata dalle carceri italiane , su una scala internazionale di carceri europee e mondiali, è di palese retroguardia nella civiltà e nella garanzia della giusta pena.
I numeri parlano da soli, segnando un record assolutamente negativo per il nostro Paese: complessivamente i detenuti sono 68.527, mentre i posti letto regolamentari sono solo 44.612.
Un dato relativo ai 206 istituti penitenziari italiani, dove, ricordiamo il 43,7% dei detenuti è ancora senza condanna e ben 15.223 persone restano in attesa del primo giudizio (Fonte: Associazione Antigone). Numeri di tale entità non si erano mai registrati dal dopoguerra ad oggi.

Una situazione intollerabile, che tutti i leader ed i vertici politici dovrebbero attenzionare, cercando di porvi una qualche risoluzione, ponendola come pietra miliare per il futuro civile dell'Italia penitenziaria.

Secondo il sindacato di Polizia Penitenziaria le strutture detentive italiane si sono ridotte a meri depositi di vite umane; un quadro deprimente......istituti strutturalmente inadeguati ai nuovi standard penitenziari; celle in molti casi prive di docce, in altri casi il bagno non va oltre un lavandino ed un bidet da dividere in tanti. Edifici di vecchia costruzione, che assorbono molte risorse, ma non si prestano ad interventi di modifica strutturale.

Assistenza sanitaria in molti casi pregiudicata dalle stesse Asl, per la loro seria difficoltà ad assumere la responsabilità sulla sanità penitenziaria, con la conseguenza che, assai sovente, vengono negati o ritardati con termini inaccettabili, anche gli esami clinici più semplici. Tutto ciò mette a repentaglio la salute dei detenuti, dei quali, si fa presente, quasi la metà è costituita da tossicodipendenti o appartenenti all'eterogenea area dei consumi di sostanze stupefacenti, molto spesso anche non diagnosticati. Proprio il fatto di sottostimare il fenomeno tossicodipendenza, porta ad ipotizzare che, durante tutto il corso dell'anno, ci sia un numero di ingressi di tossicodipendenti pari a circa 50 mila persone: dato, quest'ultimo, stimato dagli operatori sanitari e non dalle statistiche ufficiali.

A ciò bisogna sommare la carenza di personale civile (educatori, psicologi, mediatori) e la carenza di organico lamentata dai sindacati del corpo di polizia penitenziaria, che conta circa 43.000 dipendenti.

Arretratezza e degrado, che attribuiscono all'Italia un altro tristre primato, quello delle morti in carcere per suicidio, da parte dei detenuti, ma anche delle guardie.

Un rapporto sullla VITA VIOLATA, quello che ne emerge.

Sul fronte dei costi poi, 113 euro è il costo medio giornaliero di un detenuto, e 7,36 il costo medio giornaliero per il suo mantenimento (pasti, igiene e trattamento rieducativo)., per un totale di 120,36. Un dato sconvolgente se lo si rapporta agli attuali 23.915 circa detenuti in esubero, che grava sullo Stato ed indirettamente attinge dalle tasche dei cittadini attraverso continue tassazioni.

Ma non finisce qui. Oltre il danno, la beffa!

La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo ha già condannato l'Italia a risarcire un detenuto bosniaco per i danni morali subiti a causa del sovraffollamento della cella, in cui è stato recluso per alcuni mesi nel carcere di Rebibbia.

Poichè in Italia i detenuti che vivono in condizioni di sovraffollamento sono la quasi totalità, lo Stato rischia di dover pagare 64 milioni di euro di indennizzi.


Tale considerazione impone alla politica la ricerca di una soluzione e mette definitivamente fuori legge l'attuale gestione del sistema penitenziario.

martedì 16 novembre 2010

"Il Signoraggio ed il potere occulto"



Il Signoraggio è il potere di chi crea moneta. Potere assai maggiore di chi la moneta la detiene di suo, in qualunque ammontare ed origine.



Si usa dire che "il più grande inganno del diavolo sia stato far credere all'umanità che non esista", ed è proprio grazie a questa diabolica tecnica che il signoraggio è padrone del mondo, ma in maniera trasparente per tutti noi.

Creare ciò che non si ha, a spese altrui. Un potere divino, chi non lo vorrebbe?!

Un potere che corrompe. Un potere da abbattere adesso, che non lo si ha. Si dice che chi ha il potere ne divenga inevitabilmente schiavo, vittima e boia al contempo. Politici all'ultimo mandato (leggasi "ultima spiaggia"), estremisti, di destra e di sinistra, senza distinguo alcuna, giocatori di borsa falliti, servi del potere in attesa di un "posto fisso"al paesello, egocentriche primedonne ormai defenestrate dal potere, dopo anni di connivenza cordiale e grandi goliardate. Eccola, è questa oggi in Italia l'orda Anti-sistema.

La Moneta ed il suo potere occulto

La moneta possiede due valori: il primo, intrinseco, dato dall'insieme dei costi necessari a produrla (materia prima, manodopera...); il secondo, nominale (o, per l'appunto DI FACCIATA, o anche LEGALE). La differenza tra questi due valori è detta "signoraggio", ossia il guadagno che detiene chi ha creato quella moneta.

Anticamente "il signore" che coniava le monete imprimeva loro un valore nominale più alto, per poterci guadagnare e permettersi così "un aggio" economico notevole.
Il "signore moderno", ad esempio la BCE in Europa o la Federal Reserve negli USA, ha un potere enorme. Chi ha ben compreso il meccanismo del signoraggio, ora avrà anche compreso che eliminare la banconota sarebbe un'azione peggiorativa, in quanto sparirebbe il costo per le Banche, le quali si vedrebbero portare al 100% il signoraggio sulla moneta elettronica.


Per ovviare a tutto ciò, basterebbe che lo Stato Sovrano emettesse moneta senza debito, come fa, ad esempio, con le monete metalliche. Dal momento che la banconota non ha un corrispettivo in oro (le banconote sono convertibili in dollari USA, ma dal 1971 il Dollaro USA non è più convertibile in oro), non c'è ragione che ad emetterla sia un'entità privata, tantomeno che essa abbia monopolio sulla produzione. Si eviterebbero le spese per servire questo prestito (interesse) e lo Stato, vale a dire tutti i cittadini, tutti NOI, avrebbe la reale autonomia di gestione del Paese.



"Perchè la politica, il politico, non si adopera perchè ciò avvenga?


E' evidente che la politica ed il politico di turno NON VUOLE E NON PUO', perchè sottomesso alle lobbies di potere dei banchieri privati internazionali. E' pur vero che solo politicamente si potra' invertire la rotta, ma per fare ciò occorre la CONSAPEVOLEZZA; una popolazione informata, cosciente e motivata ad operare un radicale cambiamento nella scena politica.


http://www.youtube.com/watch?v=BviCNfwMXqU

lunedì 15 novembre 2010

Proprio da Marsala con WINE PARTY vuole ripartire l'unità di un Italia nata sotto auspici di ottimizzazione delle risorse e delle qualità locali, evidenziando le peculiarità ed evitando un accentramento elefantiaco, sprecone incapace di agire velocemente ed efficacemente su un territorio vasto,lungo e distante come l'ITALIA.
Il sogno di Cavour..?! un Italia davvero federale ed amministrata scientemente non sta Palude..

Quando Cavour sognava il federalismo

Il Conte non voleva un’Italia fondata sul modello piemontese. Ma la classe politica respinse ogni idea di decentramento

di Eugenio Di Rienzo
Una vecchia leggenda risorgimentale narra che Cavour, poco prima della sua scomparsa, avvenuta il 6 giugno 1861, affermò di poter morire sereno, avendo ormai creato l’Italia. Personalmente, penso che gli ultimi momenti della sua vita siano stati connotati da minore soddisfazione. Solo pochi mesi prima, infatti, era stato respinto il disegno di legge Minghetti, che prevedeva un riordino amministrativo ispirato ad un ampio decentramento e che intendeva contrastare quella che proprio Cavour aveva definito la «tirannia centralizzatrice». Con il fallimento di quella riforma, in grado di conciliare le esigenze del nuovo Stato con le esperienze, le tradizioni, gli interessi dei governi pre-unitari, il nostro paese avrebbe rinunciato, fino ai nostri giorni, ad un’architettura istituzionale che poteva meglio garantire, insieme all’unità, la crescita di tutte le sue componenti territoriali senza eternare antichi contrasti e creare nuovi squilibri.
Il problema delle autonomie locali non era, infatti, allora come oggi, solo un problema di organizzazione amministrativa ma costituiva soprattutto un problema che riguardava la corretta distribuzione del potere tra la classe politica nazionale e le classi politiche locali e il rafforzamento dei diritti economici, civili, sociali di una nazione. Sarebbe, quindi, difficile negare che l’idea di un decentramento amministrativo su base regionale, o se si vuole di un vero e proprio federalismo amministrativo, potesse rimanere estranea alla tradizione del pensiero risorgimentale. Persino Mazzini nel 1861 sostenne l’esigenza di «riconoscere la Regione quale ente intermedio fra la Nazione e il Comune», precisando che «l’unità non doveva identificarsi necessariamente con l’accentramento». Anche l’apostolo della Giovane Italia, infatti, si rendeva conto che lo Stato unitario si sarebbe dovuto convenientemente strutturare «con un interno moto centrifugo dal centro alla periferia». Mazzini non voleva affatto uno Stato rigidamente accentrato ma sosteneva l’opportunità di conciliare l’unità politico-costituzionale con «una ben intesa autonomia e autarchia delle province e magari delle regioni, per tutto quanto riguardava l’attività legislativa, esecutiva e amministrativa avente ad oggetto materie di interesse locale».
D’altro canto, l’ipotesi di un federalismo amministrativo era fortemente connaturata non soltanto al patrimonio ideale democratico ma apparteneva di diritto al codice genetico della cultura liberale. Il federalismo che si era andato sperimentando e affermando negli Stati Uniti assunse grande valore per il liberalismo europeo dell’Ottocento, per la sua capacità di tutelare ampie sfere di libertà civiche connaturate al principio del self-government. Neppure Cavour, che fino a tutto il 1859 aveva respinto la formazione di uno Stato italiano unificato considerandola una semplice «utopia politica», dimostrò di voler restare estraneo a queste considerazioni, quando, il 2 ottobre 1860, respinse sdegnosamente la qualifica di «accentratore» per connotare il suo programma politico.
Da questo punto di vista è possibile dire, rovesciando il senso di una famosa frase di Massimo d’Azeglio, che se Cavour «aveva fatto gli Italiani», dopo aver individuato nel centro moderato la componente egemonica della futura nazione, il più grave problema da affrontare restava per lui quello di «fare l’Italia» e cioè quello di creare un modello di Stato, capace di unire e non semplicemente di unificare popolazioni divise da realtà storiche, politiche, culturali, produttive. L’Italia sarebbe stata una «corbelleria», aveva sostenuto Cavour, senza realizzare questa unione dal basso e se ad essa si fosse voluto dare corpo sovrapponendo al tessuto policentrico della Penisola le normative statali piemontesi o procedendo ad una centralizzazione autoritaria di tipo bonapartista.
Dopo la scomparsa di Cavour, la classe dirigente italiana preferì invece arroccarsi alla pressoché totale unanimità, senza apprezzabili distinzioni tra Destra e Sinistra, nella difesa del modello centralista. Nel 1881, tuttavia, Marco Minghetti, in uno dei più lucidi manifesti del pensiero liberale prodotto nel nostro paese (I partiti politici e la ingerenza loro nella giustizia e nell’amministrazione) aveva ripreso la battaglia, conclusasi sfortunatamente un ventennio prima, concentrandosi ora sull’obiettivo di realizzare una sorta di federalismo finanziario. Grazie a questa riforma, pur rimanendo sempre al governo centrale «l’indirizzo generale politico interno ed esterno», alle future aree macroregionali doveva essere assegnata «la gestione della gran parte del bilancio della spesa pubblica». Sebbene apparentemente limitata, tale innovazione poteva dar vita a Regioni «economicamente responsabili» per quello che riguardava l’utilizzazione delle risorse pubbliche. Una volta creata la Regione, auspicata da Minghetti, questa avrebbe costituito il punto di coagulo di interessi di rilevante estensione, per rafforzare la capacità dei vari territori italiani di rivendicare una precisa funzione di autodecisione rispetto al governo centrale. Le stesse dimensioni geografiche della Regione dovevano inoltre conferire vigore a tutto l’ordinamento territoriale, aprendogli sbocchi in direzione di una forte evoluzione autonomistica. Nella soluzione proposta da Minghetti ritornava l’ipotesi del federalismo amministrativo voluto da Cavour, in grado di rafforzare, e non certo di indebolire, l’unità statale, innescando un circolo virtuoso di collaborazione tra centro e territorio.

domenica 14 novembre 2010

L'Italia ed i precari di Stato!




L'AUSTERITY E' SOLO PER IL POPOLO......i parlamentari italiani rimangono tra i più pagati in assoluto in Europa. Si calcola per il 2009 uno stipendio medio mensile di 20.600 Euro, senza considerare i rimborsi spese e per gli assistenti....fino a raggiungere cifre doppiate o ancora maggiori.

"L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro"..........."precario"


L'art.1 di ogni Costituzione è un po' il suo slogan. Racchiude o dovrebbe racchiudere tutto lo spirito e tutti gli ideali, tutte le speranze e tutte le aspettative di un popolo.


Questo concetto, sì nobile, è in realtà molto debole; esso non afferma altro che una vana speranza, e non obbliga lo Stato a dare lavoro a tutti.


Nel Paese dei balocchi, la nostra cara Italia, vive un esercito di professionisti "precari" e di precari "professionisti".....intere generazioni da "1000 Euro" e/o in fuga dai call center. Lavoratori lesi nella loro dignità, assunti sotto l'onta di un destino da eterni "collaboratori" relativamente utili, a soli fini di propaganda elettorale. L'Italia delle cooperative sociali, dei Lavoratori Socialmente Utili, dei Lavoratori di Pubblica Utilità, dei Contrattisti, dei Collaboratori a progetto.........dei disillusi........L'Italia della partitocrazia, che ha preso il posto della meritocrazia, dove i concorsi pubblici sono illusione, e dove conta chi emerge, non sulla base delle capacità personali, ma del peso politico di chi ne caldeccia l'assunzione.


L'Italia del "contentino", dei "Precari e contenti"!!!

L'Italia dei nuovi eroi, quelli che vivono una vita a metà, che non possono permettersi di creare una famiglia, di avere dei figli, di acquistare casa, di andare in ferie.


L'Italia in cui non è concesso il lusso di vivere, ma non si può neanche morire.............

http://www.youtube.com/watch?v=RDdWu1zy3zw

sabato 13 novembre 2010

Se colui che ruba è vestito male, si chiama ladro; se è vestito bene, si chiama STATO!
Questa è l’amara verità – di cui nessun giornale parla – ed è quanto emerge dalla ricostruzione della Corte dei Conti sui rimborsi elettorali introdotti dai politici dopo il referendum del 1993 che aveva abrogato il finanziamento pubblico ai partiti. In realtà questi rimborsi, afferma la Corte dei Conti, sono di gran lunga superiori alle spese effettivamente sostenute e sono un vero e proprio finanziamento. I record spettano a Rifondazione Comunista e alla Lega Nord mentre Pdl e Pd intascano da soli più del doppio del gettito dell’imposta sul gioco del Totocalcio e dell’Enalotto.
Grazie poi ad un colpo di mano che nel 2006 ha cambiato una parola della legge, il rimborso viene incassato anche se...

La strategia della distrazione

La politica è la "strategia della distrazione" più ampiamente diffusa: nel corso dei decenni, ne ha applicato, e perfezionato, il decalogo elaborato dal Prof. statunitense Noam Chomsky, a danno dei cittadini.












Ottenere il controllo sociale attraverso la strategia della distrazione consiste nel "deviare l'attenzione del pubblico (i cittadini) dai problemi importanti, e dai cambiamenti decisi dalle elìtes di potere, politiche ed economiche, attraverso l'impiego di continue distrazioni e di informazioni insignificanti".


Come? Ad es. lasciando che dilaghi la violenza urbana, con lo scopo che sia il pubblico (il cittadino) a richiedere leggi sulla sicurezza e politiche a discapito della libertà - CREARE PROBLEMI E POI OFFRIRE LE SOLUZIONI


Precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantiscono redditi dignitosi - LA STRATEGIA DELLA GRADUALITA', ovvero far accettare una misura inaccettabile, applicandola a contagocce, per anni consecutivi........CO.CO.CO., CO.CO.PRO, LSU, LPU...e quant'altro........


Presentare una decisione come dolorosa e necessaria. Così la massa accetterà tante decisioni impopolari, con la speranza che domani le cose andranno meglio. - LA STRATEGIA DEL DIFFERIRE....Chi si accontenta gode???


Usare "armi silenziose per guerre tranquille", ovvero rivolgersi alla massa con un tono quasi infantile, cercare di suggestionarla, in modo da azzerarne il senso critico- RIVOLGERSI AL PUBBLICO COME AI BAMBINI

Impiantare nell'inconscio desideri, timori, idee ed indurre comportamenti fondati sull'emozione, piuttosto che sul ragionamento - USARE L'ASPETTO EMOTIVO, PIU' DELLA RIFLESSIONE


Mantenere più alto possibile il divario culturale tra le classi sociali, in modo da poterle manipolare, spingendo la massa a ritenere che sia di moda essere stupidi, ignoranti.....- STIMOLARE UN ATTEGGIAMENTO DI COMPIACENZA VERSO LA MEDIOCRITA'


Inibire l'individuo, scoraggiandolo all'azione (e senza azione non c'è rivoluzione!), semplicemente inducendolo a credere che sia lui stesso colpevole della sua disgrazia, e non il sistema politico ed economico in cui è costretto a vivere dalle elìtes. - RAFFORZARE L'AUTOCONSAPEVOLEZZA

Esercitare sui cittaini un controllo maggiore di quello che gli stessi esercitano su se stessi, attraverso uno studio della personalità e dei comportamenti più comuni - CONOSCERE GLI INDIVIDUI MEGLIO DI QUANTO ESSI CONOSCANO SE STESSI.....come per la pubblicità....facendo ritenere indispensabile beni superflui e distrando l'attenzione da beni che compongono il paniere essenziale



WINE PARTY dice NO a chi esercita la "Strategia della distrazione" per accaparrarsi consenso elettorale, dimenticando le esigenze reali dei cittadini; a chi dice ai nostri figli "Le faremo sapere, valuteremo il suo curriculum vitae..." sapendo che le scelte della politica non tengono conto della meritocrazia; a chi c'impone di sottostare a regole e salari inaccettabili, sotto la minaccia che potremmo perdere il posto di lavoro, perchè molti altri, nei nostri panni e costretti dal bisogno, si accontenterebbero; a chi considera le donne in politica una risorsa di secondo livello ed invita ad entrare nelle "grazie" del politico di turno passando prima dalle camere da letto; a chi lede la nostra dignità e ci priva di qualsiasi stimolo a migliorare, a cambiare........


Quello che nessuno mai saprà perchè nessuno mai lo dirà


























I partiti cambiano nome...............



Il finanziamento pubblico ANCHE: ora si chiama "rimborso elettorale"

Le mani della partitocrazia frugano nelle tasche dei cittadini da oltre 30 anni.


Nel 1974, con l'approvazione di tutti i partiti, eccetto i Liberali, entra in vigore la L.n.195, la prima ad istituzionalizzare, a carico dello Stato, il sostentamento delle strutture dei partiti, piuttosto che il sostegno all'iniziativa politica. Tale legge riconosceva i contributi ai partiti rappresentati in Parlamento, penalizzando quindi le nuove formazioni politiche.



Nel giugno del 1978 si svolge il referendum abrogativo della Legge n.195/'74. Il referendum non passa (ma i voti favorevoli ammontano ad una percentuale altissima , il 43.6%).
I promotori sostenevano che lo Stato dovesse favorire tutti i cittadini attraverso i servizi, le sedi, le tipografie, la carta a basso costo e quanto necessario a "fare politica", NON PER GARANTIRE le strutture stesse dei partiti: queste avrebbero dovuto essere finanziate da iscritti e simpatizzanti.


Nel 1981 una prima svolta, ma solo "di facciata"...Con la L.659 si vieta ai partiti la possibilità di ricevere finanziamenti dalla P.A., da enti pubblici o a partecipazione pubblica.

Il finanziamento pubblico ai partiti viene abolito nel 1993.

Nel 1999 viene emanata la legge che detta norme in materia di "Rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e referendarie"

Vengono istituiti 4 fondi: uno per la camera dei Deputati, uno per il Senato della Repubblica, uno per le elezioni al Parlamento Europeo, uno per le elezioni regionali. Il fondo si costituisce in occasione delle consultazioni elettorali e si eroga in rate annuali. In caso di scioglimento anticipato della legislatura si interrompe l'erogazione.

Fatta la legge, trovato l'inganno

A poche settimane dal voto delle Politiche 2006 il "blitz": con la Legge n.51 si stabilisce che l'erogazione è dovuta per tutti e cinque gli anni di legislatura, indipendentemente dalla sua durata effettiva.

UN AUMENTO ESPONENZIALE: "Se dal 2006 al 2010 ogni anno ci si è dovuti sobbarcare la spesa di quasi 100 milioni di euro per finanziare le strutture politiche rappresentate nella XV legislatura, dal 2008 al 2012 si dovranno pagare 100.618.876,18 euro l'anno per i rimborsi elettorali della tornata politica che ha dato vita alla XVI legislatura. A queste cifre spaventose dovranno sommarsi i rimborsi, sempre milionari, dovuti per le consultazioni elettorali regionali ed europee."

Dall'inizio del "governo Berlusconi", solo per i rimborsi elettorali delle politiche, sono stati spesi 600 milioni di euro.



Una vera e propria caccia al tesoro scatenata dai partiti per mettere le mani sul tesoretto pubblico dei rimborsi.


L'ennesima strage di legalità e di diritto, tutta italiana: i cittadini continuano a pagare per qualcosa che non vogliono!


http://www.youtube.com/watch?v=JkhX5W7JoWI

Monzemolo fa il trenino.. e gli italiani ci mettono i soldoni

ITALO E' IL TRENINO DI DELLA VALLE E MONTEZEMOLO.

E' un treno che dovrà iniziare a girare sulle TRATTE PIU' RICCHE IN ITALIA a partire da fine 2011.

VEDIAMO PERCHE' E' UNA VERA E PROPRIA INGIUSTIZIA:

innanzitutto:

1)In Italia LA RETE FERROVIARIA è in mano allo stato.

2)Le ferrovie soffrono da sempre di bilanci non certo rosei, ma svolgono anche un servizio sociale.

3)le ferrovie sono la somma di due componenti: LA RETE FERROVIARIA E I TRENI.
le due cose sono difficilmente separabili, vediamo perchè!!!

La rete è pubblica ed è costata da sempre SALASSI enormi ai cittadini italiani, sia nel momento della costruzione dell'infrastruttura, sia per il mantenimento!!!

NON PER ULTIMA L'ALTA VELOCITA' . Per permettere l'alta velocità fra Milano e ROMA si sono spese quantità di soldi indicibili (cifre enormi rispetto a quello speso in altri paesi).

Questi soldi sono stati spesi dalle Ferrovie che possono recuperare soldi SOLO CON I BIGLIETTI DEI TRENI CHE VENGONO ACQUISTATI DAI CITTADINI.

Ma se interviene un terzo operatore che vuole far viaggiare i treni suoi sulla rete nazionale...ECCO CHE SORGE UN PROBLEMA ENORME

Questo soggetto vorrebbe fare profitti AI DANNI DEL GESTORE DELLA RETE CHE E' CONTEMPORANEAMENTE GESTORE DEI TRENI DELLO STATO e che ha già bilanci in perdita.

SE UN PRIVATO RIESCE A FARE PROFITTI ...VUOL DIRE CHE LO STATO DEVE RINUNCIARE A DELLE ENTRATE, E CHE BEN PRESto IL COSTO DEI BIGLIETTI VERRA' AUMENTATO A DANNO DEI CONSUMATORI (come è successo mille volte....con il paradosso del servizio 12, quasi gratuito e utile, sostituito del 1288 e simili che sono servizi estremamente cari, a tutto danno della comunità)

Sia che si attui la separazione della rete dai treni che si opti per il mantenimento di un unico gestore COMPITO DELLO STATO DOVREBBE ESSERE IN PRIMIS LA DIFESA DEI DIRITTI DEI CITTADINI E QUINDI DEI CONSUMATORI

OVVERO
1)CHE LA RETE FERROVIARIA DEBBA AVERE UN RITORNO ECONOMICO CERTO (vedi Terna), E CHE LA PROPRIETA' DELLA RETE NON FINISCA IN MANO AI MERCATI AZIONARI MA SIA AL 100% PUBBLICA.

2) CHE I SOGGETTI PRIVATI E NON CHE DECIDONO DI UTILIZZARE LA RETE FERROVIARIA NAZIONALE GARANTISCANO CHE IL PREZZO DEL BIGLIETTO NON SIA SOGGETTO A RIALZI RISPETTO AI PREZZI ATTUALI, E CHE LA REVISIONE SEGUA LOGICHE non uguali a quelle usate per le Autostrade (che sono anticoncorrenziali e penalizzanti per i cittadini)

3)CHE LA RETE (in caso di separazione) si accolli tutto l'indebitamento (e che il ritorno economico sia garantito).

4)Che i treni dello stato non siano obbligati a tagliare delle tratte ferroviare per poter competere con i servizi e i prezzi di ITALO E MONTEZEMOLO.

MONTEZEMOLO E COMPANY VOGLIONO UTILIZZARE LA RETE FERROVIARIA (COSTATA CARISSIMA) PAGANDO UN CANONE DI UTILIZZO BASSO, RIDUCENDO POTENZIALI PROFITTI PUBBLICI CHE potrebbero ESSERE UTILIZZATI PER MIGLIORARE L'INFRASTRUTTURA STESSA.
D:"OGGI LE FFSS NON FANNO PROFITTI, COME SI PUO' PENSARE CHE ITALO DI MONTEZEMOLO LI POSSA FARE???"

WP:SEMPLICE, VIAGGIANDO SULLE ROTTE PIU' RICCHE FACENDO CONCORRENZA AI TRENI DELLO STATO, I QUALI SI VEDONO UN CONCORRENTE CHE GLI PORTA VIA I MARGINI NEL PRODOTTO CASH COW...E LI METTE IN MERDA SUL RESTO DELLA RETE ..

LE FFSS, IL LORO SERVIZIO E MILIONI DI VIAGGIATORI, VENGONO PENALIZZATI PER FAVORIRE
GLI INTERESSI ECONOMICI DI UNO SPARUTO NUMERO DI IMPRENDITORI CAPEGGIATI DA MONTEZEMOLO


Moretti, OTTIMO DIRIGENTE DELLE FERROVIE, sta battendosi per una battaglia già persa in partenza: LA LOTTA IMPARI CONTRO IL CAPITALISMO PASSIVO CHE SFRUTTA POSIZIONI DOMINANTI E AMICIZIE POLITICHE E GIORNALISTICHE DI MONTEZEMOLO E DELLA VALLE PER GUADAGNARE DEI SOLDI SFRUTTANDO IL SISTEMA PUBBLICO!!!


 WINE PARTY applaude il lavoro di Moretti e condanna pesantemente MONTEZEMOLO, DELLA VALLE e il treno ITALO!!!

Moretti, in questa lotta impari contro potere economico e politico è destinato a perdere, ma lui, piuttosto che dire YES combatte, e lo fa in nome di una cosa sola: LA RES PUBLICA....la cosa pubblica.....un bene che è di tutti e che per essere valorizzato non deve essere soggetto a interventi di privati che SPOSANO DA SEMPRE LA POLITICA DELL'ARRAFFA ARRAFFA



MONTEZEMOLO E' IN POLITICA SOLO PER PURI INTERESSI PRIVATI!!! RICORDATEVELO!

venerdì 12 novembre 2010

Cultura d'impresa al femminile. L'impresa con una marcia in più


Per avviare un'impresa non è sufficiente avere un'idea brillante.

Essere "imprenditrici" significa dimostrare la capacità d'individuare il proprio spazio nel mercato, saper riconoscere i propri punti di forza e di debolezza, avere la capacità di costruirsi un'immagine competitiva.

In controtendenza col dato di una tendenziale forte crescita del numero di donne imprenditrici relativo agli altri Paesi europei, l'Italia si mantiene il Paese con il più basso tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro.

E' necessario dunque promuovere, attraverso provvedimenti normativi, tutto un insieme di cosiddette "Azioni positive": strategiche, mirate cioè a produrre un mutamento effettivo, immediato e percepibile; di sensibilizzazione, attraverso attività formative e d'informazione volte a diffondere la politica di promozione della figura e del ruolo femminile; di natura promozionale, cioè volte al superamento di posizioni di svantaggio delle donne nel mondo del lavoro.

Peculiarità dell'imprenditore donna saranno tutta una serie di caratteristiche, quali il desiderio di realizzare qualcosa con le sole proprie forze, il bisogno di autonomia, la creatività, la capacità di leadership, la predilezione di attività che assicurino risultati tangibili.

L'imprenditrice Donna è un imprenditore con una marcia in più, ovvero un esempio di imprenditorialità capace, competente, ma anche dotato di:


- sensibilità: l'arte di mettersi nei panni degli altri, con il fine di comprenderne aspettative e bisogni


- autoanalisi creativa: il dono di fare e farsi le domande giuste per scoprire vantaggi ed altri punti di forza, che altri ignorano o non vedono


- versatilità: la capacità di prevedere il cambiamento ed il sapervisi adattare


- visione futuristica: la capacità di anticipare quel che sarà, perno di tutte le abilità, in grado di legare strategie e cultura


- concentrazione: abilità nel focalizzare la propria attenzione, per realizzare il cambiamento e generare competenza


- pazienza: la necessaria perseveranza indispensabile nel prendere le decisioni adeguate



"...Pensavo che l'imprenditorialità riguardasse solo il modo di condurre gli affari, ma dopo diciassette anni in cui ho avuto modo di osservare gli imprenditori, ascoltare le loro storie, guardare i loro sogni materializzarsi, comprendo che riguarda il modo di pensare, le modalità in cui vengono prese le decisioni migliori, dove l'intento spesso deve superare l'analisi razionale...."


Gregory K. Ericksen - Vice Presidente Crescita strategica dei mercati globali Ernst & Young



SIAMO DONNE, OLTRE LE GAMBE C'E' DI PIU'.......
http://www.youtube.com/watch?v=JzRmbFfTiXU

WINETT SICILIA 2011. Un ponte economico di sviluppo tra le due capitali del mediterraneo











Il mercato internazionale del vino scopre il "fenomeno SICILIA".

Un bilancio più che positivo per le ventuno aziende nostrane, di grandi e piccoli dimensioni, presenti alla manifestazione svoltasi a Venezia in una tre giorni ricca di eventi (dal 2 al 4 novembre), durante la quale le aziende hanno dimostrato di saper fare squadra, proponendo in modo unitario l'enologia regionale.

Dagli Stati Uniti al Giappone, dal Canada alla Cina, gli importatori di vino di tutto il mondo cercano la Sicilia.

Un'opportunità per mettere le nostre aziende in condizione di competere nel mercato internazionale. Per questa ragione l'Istituto Regionale della Vite e del Vino, nella persona del suo nuovo Dirigente, Dario Cartabellotta, sta mettendo a punto un nuovo progetto, che porterà nel 2011 WINETT a Palermo.

WINETT, nella sua applicazione regionale, non si limiterà ad un momento di incontro tra aziende vinicole ed importatori, ma darà a questi ultimi la possibilità di conoscere il territorio, la varietà dei suoi climi e suoli, tale da rappresentare i cinque continenti in una sola regione, approfondendo un aspetto importante, quale l'imbottigliamento.

L'ECONOMIST in agosto ha realizzato un rapporto sul settore vitivinicolo, affermando che la Sicilia all'estero è percepita come la quarta regione importante, mentre prima c'erano solo Piemonte, Toscana e Veneto, e che essa rappresenta l'unica vera realtà di prospettiva.
L'Istituto Regionale della Vite e del Vino è impegnato in Ricerca ed innovazione, certificazione dei vini di orgine, nel marketing e nella comunicazione.

Negli ultimi anni, dal 1994 ad oggi, la regione Sicilia ha investito un miliardo di euro nel settore vitivinicolo; ha riconvertito 35 mila ettari per la produzione di uva, con vigneti autoctoni o meno. Si è passati dalle "navi del vino" e le "cantine sociali" all'imprenditoria.

C'è ancora molto da fare: ben 15 mila ettari sono rimasti fuoridall'imbottigliamento, è prodotto sfuso, un vero spreco!


"LA SFIDA"
Il confronto e la sintesi di due realtà, quella francese e quella australiana.
I francesi hanno vini di qualità, ma prezzi alti; gli australiani hanno una qualità modesta e prezzi molto bassi.

Il futuro è della Sicilia. Puntando sulla territorialità si hanno le carte in regola per ottenere un prodotto qualitativamente superiore e competitivo in termini di mercato.

giovedì 11 novembre 2010

"L'ARTE DEL TASSARE"



Fu Jean Baptiste Colbert (1619-1683), ministro Capo del Re Sole, a dire che


"l'arte del tassare consiste nello strappare ad un'anatra il massimo numero di penne con il minimo di sibilli".


Colbert ebbe solo il merito di dire apertamente quel che faceva, giacchè a farlo vi erano stati i baroni predoni dei secoli anteriori, che confiscavano gli utili dei mercanti di passaggio con lo stesso criterio di massimizzazione e minimizzazione della voglia del mercante di restarsene a casa o di cambiare strada. Di Colbert sappiamo che riuscì a sviluppare ogni aspetto della vita nazionale, ma che morì odiato dal popolo, amaramente deluso dalle tasse opprimenti. Nonostante ciò gli economisti moderni sono colbertiani fino all'osso.


"E' possibile una tassazione che risponda a criteri di giustizia?"


Nei trattati di economia la questione non si pone neanche. Si dà per scontato che l'unica differenza tra Colbert ed i predoni fosse che lui rubava legalmente e loro no.

Anche il pirata catturato da Cesare lo affermava: "Io lo faccio con un piccolo naviglio e mi chiami pirata. Tu lo fai con vascelli da guerra e ti fai chiamare imperatore".


Ne segue che lo Stato moderno non governa più........governicchia! intromettendosi in questioni che dovrebbero riguardarlo solo sussidiariamente, ma che invece lo tengono occupato a tempo pieno, e per finanziare le quali non ha altra uscita che tassare, o meglio, tartassare, il valore aggiunto dallo sforzo di chi lavora.


Ciò lo si chiama "governance", ben sapendo che "governo" è un'altra cosa.

Verso una moderna "WELFARE SOCIETY"




Deburocratizzazione, Semplificazione, Deregolamentazione, Liberalizzazione.





In una parola "FLEXURITY"





L'analisi che andrebbe affrontata, su quale sia il "welfare" più adatto per le generazioni future, rischia di giungere in clamoroso ritardo, a causa della velocità dei tempi, e dei mutamenti delle situazioni umane. Il fulcro della questione è però un altro, ovvero credere che si possa passare dal "Welfare State" ad una moderna "Welfare Society", fondata su semplici e solide colonne portanti, quali la libertà di scelta, la responsabilità personale, il solidarismo familiare e comunitario.


Gli investitori esteri trovano difficoltoso creare economia nel nostro Paese.

Regole eccessive, burocrazia ai limiti, complessità del quadro normativo in materia di lavoro: tutti ostacoli allo sviluppo del mercato. Ineludibile appare dunque il cammino verso la semplificazione burocratica. Sulla considerazione poi che ciascuna azienda, oggi, deve essere capace di modellarsi alle esigenze del momento, e del mercato su cui opera, WINE PARTY ritiene indispensabile una riforma dei contratti, che dovrà necessariamente spostare il baricentro verso le singole aziende, che potranno essere più capaci di far rispondere il lavoro dei dipendenti alle mutevoli necessità del mercato. Aziende che non calibrano, di volta in volta, la propria struttura alle richieste del mondo esterno rispetto allo stretto perimetro delle proprie mura, sono infatti aziende ormai destinate a chiudere, o a mettere importanti fasce della propria forza lavoro in mobilità o in cassa integrazione.


Deburocratizzazione e Semplificazione, ovvero un processo equilibrato e responsabile di Deregolamentazione, che, partendo dall'applicazione delle teorie di Ludwig von Mises, si affianchi ad un iter di liberalizzazione del mercato, che porti ad un maggior livello di concorrenza, conseguentemente a maggior produttività ed efficienza.


"Flexurity", ovvero "Flessibilità e Sicurezza"


Uno Stato meno invadente, che garantisca comunque la "Security", tramite la formazione e l'aggiornamento dei lavoratori, soprattutto di coloro a rischio-posto.


I libertari raccolgano la sfida !

La casta dietro il litigio alimenta solo se stessa

Destra,Sinistra, Centro,Alto,Basso..
Tutte chiacchiere inconcludenti che alimentano a loro volta giornali che nutrono altre discussioni, dibattiti interventi, e blaterare a gogo.
La realtà la conosce ogni cittadino che la mattina (anche alle prime luci o alle prime ore del nuovo giorno) si reca a lavorare per dare a se stesso e alla sua famiglia una speranza di vita migliore, che spera di ottimizzare le spese, che desidererebbe acquistare qualche bene per migliorarsi e paga delle tasse che dovrebbero assicurargli dei servizi.
Bene a questi uomini e donne reali, delle caste e dei loro vizi interessa poco,.delle demagogie rosse,nere,verdi e blu non ha che farsene..C'è da pagaer il mutuo, il dentista e l'università dei figli..la macchina ha bisogno di essere cambiata e in vacanz a quest'anno non si sa se ce la si fa.. .
WINE PARTY è questo un movimento che partendo da noi interpella chi fa reali studi e proposte concrete per fare muro alle sciocchezze da eterna campagna elettorale dei politicanti di mestiere campioni dell'intreccio e purtroppo dell'intrallazzo per assicurarsi denaro, ricchezza,indennità, agi tanto paghiamo noi.
Un simposio un occasione per bere insieme ed ascoltare musica ma nello stesso tempo portare avanti un nuovo progetto paese,città,provincia........

mercoledì 10 novembre 2010

Il debito pubblico...date un occhiata in tempo reale

Quanto vale il debito pubblico italiano? Sebbene il dibattito pubblico non possa prescindere da questo dato, è spesso difficile “visualizzare” cifre tanto grandi. Con questo “orologio”, l’Istituto Bruno Leoni vuole rendere accessibile a tutti la mostruosità del nostro debito pubblico, che poi dà la misura sia dell’irresponsabilità della nostra classe politica, sia degli oggettivi vincoli di finanza pubbica a cui il nostro paese deve sottostare.

L’orologio aggiorna ogni 3 secondi la nostra stima dello stock di debito, che si basa su – e viene continuamente corretta con – i rapporti mensili della Banca d’Italia. In questo modo vogliamo aiutare i cittadini a capire cosa si intende, quando si dice che siamo gravati di un debito pari a circa il 120 per cento del prodotto interno lordo. Per rendere il concetto ancora più chiaro, basta considerare che questo debito a 13 cifre (valore riferito al 31 luglio 2010) equivale a circa 30.724 euro per ogni italiano, inclusi neonati e ultracentenari, ovvero 80.327 euro per ogni occupato. Tra gennaio e luglio 2010 il debito pubblico è aumentato di 50.100.143.820 euro, più di 7 miliardi al mese, 236 milioni al giorno, quasi 10 milioni di euro all’ora, 164.112 euro al minuto. Ogni secondo, questo debito immenso è cresciuto di 2.735 euro, più di quanto guadagni una famiglia media in un mese.
Dai un'occhiata al contatore in tempo reale di sentirai più povero secondo dopo secondo...

domenica 7 novembre 2010

una politica vecchia

"Permetti, ti voglio porre una questione seria [..], ora certo ho scherzato, ma pensa un pò: da una parte una vecchiarda ottusa, insensata, miserabile, malvagia, malata, non necessaria a nessuno, anzi, il contrario, nociva a tutti, una vecchia che non sa neppure lei perchè sta al mondo, e che domani dovrà pur morire. Intendi? […]
Ascolta ora. Dall’altra parte ci sono forze giovani, fresche, che muoiono e si perdono inutilmente perchè nessuno le appoggia..[…] Cento, mille opere buone, iniziative buone, che si potrebbero organizzare e aiutare con i soldi della vecchia, destinati invece ad un monastero! […]
Uccidila, e prendi i suoi denari, perchè tu possa in seguito, con l’aiuto di quei soldi, consacrare tutto te stesso al servizio di tutta l’umanità e a uno scopo comune: non pensi che un minuscolo, miserabile delitto valga migliaia di opere buone? Una sola morte in cambio di cento vite?"
Delitto e Castigo - Fedor Dostoevskij

sabato 6 novembre 2010

Wine Party che cosa è 2^parte:contro Una Spesa a pioggia e soggetti avvantaggiati...

Ridurre le tasse significa combattere l'evasione.Pagare meno per pagare tutti azzerando (prima riducendo ovviamente) il nero.
Ridurre le tasse significa sopratutto destabilizzare tutte quelle clientele e corporazioni che vivono di spesa pubblica sulle spalle dei contribuenti.Significa colpire duramente una miriade di interessi che sono cresciuti al riparo di un alta fiscalità.Questa è sicuramnete la sfida più difficile e avvincente che il Wine Party deve intraprendere.Esso non chiede l'abolizione dello stato ma una affrancatura dal welfare state ed una possibilità di tornare ad uno stato di diritto cercando di abbandonare quel principio della ridistribuzioneforte per tornare a quello di redistribuzione debole.per aumentare l'iniziativa privata nel correre ai ripari e nell'offrire servizi reali.
Deistituzionalizzazione degli ordini professionali. Ci hanno ripetuto che gli ordini sono una garanzia per tutti,quando invece sono solo un ostacolo al libero mercato e ai giovani.
Gli ordini professionali servono e sono serviti negli anni soltanto ad incentivare la formazione di cartelli che hanno impedito il crescere di una concorrenza sul prezzo,con la conseguenza che i consumatori sono stati penalizzati e chi si voleva affacciare nel mondo del lavoro nel campo delle professioni si è visto ostacolato e disincentivato.Gli ordini siono dunque un impedimento enorme per il libero mercato e per il processo di concorrenza e continuano a perpetuare danni ai cittadini ed ai giovani.
La soluzione ,dunque,non può essere che una deistituzionalizzazione radicale degli ordini professionali,in modo tale che essi non rappresentino più un costo per i cittadini.
Questo non significa che si debba impedire l'associazionismo,bensì la formazione di cartelli e l'esclusione di soggetti giovani ed efficienti dal mercato,innescando invece un meccanismo virtuoso di concorrenza tra gli agenti.

WINE PARTY che cosa è(1^parte)

WineParty si pone come movimento libertario applicato al suo territorio,.
Pur mantenendo la ratio originaria dei Tea (TAX Enough Already) Party,esso si adatta alle modalità di discussione storiche dell'area mediterranea,il simposio (WINE PARTY) appunto.
 Propositore del Libertarismo esso si propone di consentire ai cittadini di vedere più chiaramente gli interessi in gioco per scegliere davvero e con consapevolezza.
Il Wine PARTY apartitico e "libero nell'essenza e nella sostanza",ancor prima ed ancor di più che diminuire le tasse e ridimensionare lo stato, dovrà ambire a combattere ed abbattere il muro ipocrita e falso di un mondo del lavoro perfetto con opportunità per tutti a prescindere, senza disoccupazione e con certezze assicurate e immutabili nel tempo.
Il Wine Party  sia anche autenticamnete federalista, perchè il federalismo nella sua forma pura senza "salvagente" o meccanismi assistenziali, impone forti sacrifici ma allo stesso tempo costringe alla responsabilitàchi amministra e rende impossibile eludere il giudizio diretto degli elettori.
Inoltre,per l'effetto di una necessaria limitazione di quello storico ed enorme impiego di risorse pubbliche, s'imporrà una restrizione dell'ambito di operatività statale ed un conseguente maggior spazio all'iniziativa dei privati.
E'giusto dunque che TALE MOVIMENTO abbia l'ambizione di divenire modello di pensiero di mentalità, se non addirittura una filosofia politica.

venerdì 5 novembre 2010

Curare un paese drogato di spesa pubblica e liberalizzare i servizi

La spesa pubblica italiana è giunta a dei livelli insostenibili ed è il primo motivo che impedisce il taglio delle tasse. WINE PARTY ritiene ingannevole il luogo comune per cui “se tutti pagassero le tasse, tutti pagheremmo di meno”, non perché questo sia falso in senso assoluto ma perché storicamente, nel nostro paese, è sempre mancata la volontà politica di affiancare alla lotta all'evasione fiscale una giusta e naturale riduzione della spesa pubblica o quanto meno del suo indice di crescita: ad ogni aumento del gettito si è sempre tradotto in un aumento della spesa pubblica stessa. Ecco perché oggi tagliare la spesa è un punto prioritario, molto più della lotta all'evasione, nel tentativo di proporre una diminuzione della pressione fiscale ed una inversione di tendenza nella gestione del terzo debito pubblico del mondo. Tagliare la spesa significa: liberalizzare quei servizi che possono essere meglio offerti dal libero mercato (ad esempio pensioni, università, RAI, aziende municipalizzate e partecipate), cancellare enti inutili ai fini di una efficiente gestione dei servizi erogati, alienare parti di patrimonio pubblico inutilizzate. Il gettito derivante da tali dismissioni va necessariamente usato per ridurre la pressione fiscale e il debito pubblico, innescando un circolo virtuoso che va nella direzione opposta a quella tenuta negli ultimi 80 anni, ovvero va verso il ritorno del potere in economia nelle mani dei cittadini e non della politica.

Eternamente in campagna..Elettorale e basta!

Barak Obama ha perso le elezioni (di brutto) e continua a governare. Da noi il governo le vince, ma non riesce ad operare come vorrebbe e dovrebbe. In compenso i capi della maggioranza nostrana, entusiasmati dal successo americano dei Tea Party, pensano di organizzarli a loro volta. Sfugge loro un dettaglio: quei fenomeni politici nascono dal basso, dalla forza della rete, vivono nella pancia del Paese e, soprattutto, stanno all’opposizione. Forse, meno approssimazione e più ponderazione non guasterebbero.
Obama ha perso le elezioni non tanto perché non ha mantenuto le promesse (gli elettori sono abituati, in ogni parte del mondo), ma perché non ha convinto la sua gestione della crisi. Gli americani gli hanno voltato le spalle perché hanno visto i costi della sua politica, ma sono sfuggiti loro i risultati. Da noi è quasi l’opposto: la pancia del Paese continua a sostenere la parte politica che vinse le elezioni politiche, perseverando nel negare simpatie e consensi all’opposizione, ma chi siede al governo continua a credere che il problema sia la raccolta dei voti, anziché il loro uso per cambiare le cose. In questo modo il consenso diviene fine a se stesso e il motore del governo gira senza ingranare la marcia, a vuoto. Obama perde le elezioni ma conserva il diritto-dovere di governare, dovendo attrezzarsi a mediare con un Congresso che gli è, ora, ostile. In Italia il governo ha perso l’omogeneità e la forza della propria maggioranza non perché gli elettori lo hanno punito, ma perché le secessioni lo hanno amputato.
Anche il più insensibile degli osservatori vedrebbe l’enorme divario fra le due situazioni, cogliendone il succo: negli Stati Uniti c’è un sistema istituzionale che funziona (con una Costituzione assai vecchia), da noi c’è un sistema che si sfarina (con una Costituzione giovane). Il compito di una classe dirigente, che voglia essere degna di questo nome, è quello di porre mano alle riforme costituzionali, non certo quello di continuare in eterno a litigare nel più vicino cortile. Anziché organizzare la versione casereccia dei Tea Party, dunque, si dovrebbe cominciare a capire che la politica non è l’arte d’essere eletti, ma quella di riuscire, da eletti, a dare un senso all’essere stati votati. Insomma, è ora di tornare alla politica. Quella vera.
Un Tea Party organizzato dall’apposita propagandista del capo, magari con il contributo dei suoi soldi, non solo non è la stessa cosa, ma va a finire che qualcuno ricorderà il perché quei raduni s’ispirano alla bevanda d’origine cinese: perché nella Boston del 1773 il Tea era una questione fiscale, e la rivolta contro l’erario innescò la rivoluzione americana. Non nego che anche in Italia meriterebbe porre mano ad una rivolta fiscale, vista il taglieggiamento cui siamo sottoposti, l’alta evasione e il modo dissennato con cui si spendono i soldi, ma dubito fortemente che possa essere fatto dalla stanze del governo.
Vediamo bene che la legislatura boccheggia e sappiamo che si stanno appostando le batterie per la propaganda elettorale, ma non è possibile che tutti s’atteggino ad essere opposizione, anche quelli che stanno al governo, e non da poche ore. In una democrazia funzionante anche chi è stato minoranza si presenta alle elezioni con un programma in positivo, non solo rivendicando il valore del proprio essere stati contro il governo. Figuriamoci chi al governo c’è stato. Il guaio, mortale, della nostra sinistra è di unificarsi solo nell’essere contro Silvio Berlusconi. Ma il dramma della maggioranza è quello di considerarsi opposizione dei propri stessi governi. Insomma: a chi tocca fare le riforme istituzionali, fiscali e strutturali? Alla maggioranza. Rivolgendosi al Parlamento il presidente del Consiglio ha promesso cinque iniziative tematiche, cinque impianti riformatori. Proceda. Solo in quel modo gli italiani potranno valutare nel merito e soppesare anche i guasti di un sistema in cui nessuno è in grado di governare. Tocca a lui, e a quel che resta della sua maggioranza, onorare il voto degli italiani e concentrarsi sulle cose da farsi. Se l’esito sarà infausto, su quello chiederà ancora il voto.
Proprio per questo, però, deve essere capace di alzare il tiro, di sottrarsi alla normale amministrazione e disegnare un sistema istituzionale diverso. La seconda Repubblica merita l’eutanasia, mentre noi tutti non meritiamo la sua fin troppo lunga agonia. Agendo in questo modo, inoltre, sfiderebbe l’opposizione su un terreno nobile e interessante, sottraendosi al quale la sinistra risulterebbe ancora meno affidabile di quel che è. Viceversa, se l’opposizione fosse capace di fare politica, se per indebolire e battere chi governa non s’affidasse a materia postribolare, il sistema politico ne guadagnerebbe in dignità e concretezza, smettendo si sembrare un pollaio in cui anche i galli sono dei travestiti.
Un Paese in cui tutti sono “contro” è destinato a massacrarsi con le proprie mani. Un esercizio nel quale ci si è a lungo impegnati, e che sarebbe ora d’abbandonare.
Davide Giacalone
www.davidegiacalone.it